Per durabilità naturale si intende la capacità intrinseca di una specie legnosa di resistere al degradamento cagionato da organismi xylofagi (dal greco “xýlon” = legno e “phagèin” = mangiare) o lignivori: insetti (coleotteri e isotteri), funghi, e organismi marini. È direttamente proporzionale alla quantità di estrattivi (tannini, flobafeni, alcaloidi, fenoli, polifenoli…) capaci di inibire la vita di insetti e funghi o all’inverso di favorirne la diffusione (amido, zuccheri, glucosio…).
Il legno è infatti materia viva e organica e per sua natura soggetto a processi di degradamento e attacchi biologici da parte di funghi ed insetti che vanno ghiotti delle sostanze (amido, zuccheri) di cui è composto.
Ogni specie, conifera o latifoglia, europea o esotica, è il risultato di una combinazione di fattori genetici e ambientali specifici ed ha quindi caratteristiche biologiche uniche.
Alcune hanno durame indifferenziato – come l’abete – e sono perciò soggette nella loro interezza a biodegradamento. Altre – come il larice – presentano un durame ben distinto e resistente a insetti e funghi. Si può generalizzare dicendo che l’alburno – legno giovane e fisiologicamente attivo – è quella parte del tronco appetibile indistintamente a funghi e insetti. Il durame – legno vecchio, fisiologicamente inattivo – è tendenzialmente di colore più scuro. È quella parte durevole del tronco che ha perduto gli amidi. Ci sono legnami che hanno una forte resistenza all’umidità e inattaccabili a insetti e funghi, altri più vulnerabili.
Il legno è un materiale igroscopico, capace di modificare la sua struttura cellulare: contrarsi o gonfiarsi in funzione dell’acqua che assorbe. Quando l’albero è abbattuto, scortecciato e ridotto in travi e tavole, la sua superficie viene a contatto con l’aria ambientale più o meno ricca di umidità. Tra le due umidità si viene a stabilire un rapporto di equilibrio: si verifica una migrazione del contenuto d’acqua dall’interno verso l’esterno del legname. Le condizioni ideali sono umidità ambientale relativa al 65%. Il legno di conseguenza si stabilizzerà al 12%. Questa raggiunta situazione di equilibrio igrometrico viene meglio definita stagionatura.
L’equilibrio non è però immutabile nel tempo: se l’umidità ambientale varia, il legno di conseguenza si adegua. Di fondamentale importanza, per evitare problemi di degrado biologico, è mantenere l’umidità al di sotto del 20%.